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dicembre 10, 2003

Una Milly del Terzo Millennio


Gran cosa il teatro, uno dei pochi mezzi in grado di farci ricordare, immaginare, ridere, di farci ripensare la nostra vita e la nostra esistenza, di farci piangere.
E se non e' la vita, il teatro, che cos'e'?
Il debutto di ...e prima San Frediano gl'era un fiore, il nuovo recital di Lisetta Luchini (foto), tutto dedicato alla Firenze popolare e popolana, quando le persone si conoscevano tutte, quando c'era abbastanza silenzio da poter sentir cantare l'ortolano al mercato, e' stato un successo doppio.
Doppio prima di tutto per l'affluenza di pubblico, con due esauriti al Teatro Le Laudi di Firenze; e doppio per la conferma (o scoperta per molti) di un'artista che dagli stornelli ha saputo arrivare a Dante per la strada piu' ovvia, anche se impervia, semplicemente passando per due giganti come Odoardo Spadaro e Alfredo Bianchini, e nello stesso tempo operando una ricerca accurata e ispirata nel panorama degli autori piu' o meno noti della Firenze a cavallo tra ottocento e novecento.

La scelta dei testi, questa volta con l'aiuto di Francesco Tei, i musicisti di ottima stoffa, Mauro Volpini alla fisarmonica e Francesco Calvino al mandolino, e la spontaneità con la quale Lisetta ha catturato il pubblico, hanno fatto il resto, regalandoci uno spettacolo ricco di simpatia, ma allo stesso tempo in grado di farci ripensare la nostra esistenza.
Il materiale usato da Lisetta, in fondo, non sono altro che canzonette, direbbe qualcuno, burle, modi di dire, battute, ma e' proprio questo materiale che offre uno spaccato di esistenza vissuta, uno squarcio di luce nel buio degli anni trascorsi, una luce accesa sulla nostra cultura popolare, ormai scomparsa.
Eppure di musica e di cultura popolare siamo quotidianamente invasi.
Perche' allora non la sentiamo, non ci dà le stesse sensazioni che Lisetta invece ha saputo comunicarci?
Semplice: perche' non e' la nostra cultura. E' la cultura africana (che agli africani non ha reso un centesimo) filtrata dagli anglosassoni e impostaci come bene di consumo americano, come la Coca Cola o gli hamburger. E che purtroppo ha catturato i ricordi di milioni di noi che da vecchi ricorderanno di aver conosciuto la donna della loro vita tra una schitarrata idiota di rock Heavy Metal e una manichea  partitina alla Play Station, derubati delle proprie radici culturali.
Oggi non possediamo piu' un passato nostro. Abbiamo un passato pubblicizzato e comprato; abbiamo pagato qualcuno perche' ci fornisse un passato e questo qualcuno ci ha fatto i soldi. Una condizione della quale non distinguiamo ne' contorni ne' prospettive; e che difficilmente potrà essere cambiata.
Non solo i toscani come Lisetta Luchini avrebbero apprezzato lo spettacolo.
Le situazioni, i sentimenti, i momenti e gli animi raccontati e cantati sono stati, in un certo periodo, sicuramente comuni a tutta l'Italia popolare e dunque lo spettacolo e' apprezzabile senza dubbio a Venezia, come a Torino, Roma o Palermo.
Ma cio che avvilisce di piu' e' forse il fatto che un recital del genere rimanga del tutto incomprensibile e noioso a un pubblico inferiore ai 25-30 anni, che di fronte a una chitarra e a una cantante verace come Lisetta, autentico animale da palcoscenico, non ne avrebbero saputo cogliere il senso ironico e soprattutto esistenziale, nel quale affiora la malinconia di un passato inestimabilmente perso.
Grande spettacolo, dunque, (certo con qualche difettuccio di gioventu' che sparirà col tempo) il cui merito va tutto agli autori, ai musicisti e a Lisetta, una Milly del Terzo Millennio, con la sua semplicità di ragazza campigiana (di Campi Bisenzio paese attaccato a Firenze), perfettamente dentro alle cose che porta in palcoscenico, mai oltre le sue capacità, discreta, quasi confidenziale eppure scoppiettante e piena di vita.

Altre foto dello spettacolo sono nella galleria fotografica

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