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agosto 31, 2003

Caro Lee...

Avrete certo notato che raramente riportiamo notizie e commenti di jazz, pur essendo una delle musiche popolari per eccellenza, ma questa nostra resistenza e' dovuta al fatto che oggi la musica afroamericana e' diventata, salvo alcuni rari casi, un esercizio di stile; e noi preferiamo raccontarvi di un violino sgangherato, suonato da un nomade tzigano sul ritmo degli zoccoli del suo asinello, che un concerto  (eppure affascinante per altri versi) di Keith Jarrett al pianoforte.
La musica popolare, non e' per niente un esercizio di stile, e ha bisogno delle viscere e del sangue, per essere espressa, per generare in chi ascolta le emozioni per la quale e' stata creata.Oggi la musica si divide in due grandi classi: quella studiata a tavolino per un target, dunque commerciabile come un dentifricio e pubblicizzabile come tale, e quella che e' diventata un esercizio di stile, appunto come la maggior parte della musica impropriamente definita  classica e parecchio jazz.

Pero', sulla soglia delle 10.000 pagine scaricate al mese (che supereremo a breve, ne siamo certi) e non avendo editori che ci impongono una linea editoriale, possiamo concederci qualche eccezione; e dunque, questa volta, abbiamo sentito il bisogno di dedicare una lettera a Lee Konitz (foto) incontrato a Barga Jazz 2003.

Buona lettura.